I primi coloni hanno soprannominato la California “The Golden State” e “The Land of Milk and Honey”. Oggi ci sono le ovvie ironie – sprawl, spaghetti junction e skid row – ma il luogo non è così facilmente distillato o visualizzato, né come un paradiso cliché né come la sua scomparsa. C’è uno strano tipo di armonia quando tutto è visto insieme: il sublime, lo psichedelico, l’autodistruttivo. Come tutti i luoghi, è imprevedibile e contraddittorio, ma a un estremo maggiore. Culture e storie convivono, il bello siede accanto al brutto, il redentore accanto al disperato, e tutto sotto una luce strana e singolare, tanto trascendente quanto aspra.
Le immagini in questo libro iniziano nel deserto a est di Los Angeles e si spostano a ovest attraverso la città, finendo nel Pacifico. Questo movimento generale verso ovest allude alla sete di acqua, così come all’espansione originaria dell’America, che è nata in Oriente e che si è spinta avidamente verso ovest fino a raggiungere il Pacifico, compiendo così il suo destino “manifesto”.
Le persone, i luoghi e gli animali nel libro esistevano prima della macchina fotografica di Halpern, ma ha cucito queste fotografie in un’opera di finzione o fantasia: una struttura, una sequenza e un montaggio che, come la stessa Los Angeles, vacilla sull’orlo del collasso sotto il peso della sua stessa massa dalla forma strana.