Farewell to Bosnia copre un periodo di quasi sei mesi nel corso del 1993, concentrandosi principalmente sulle aree di Tuzla, della Bosnia centrale, di Mostar e Sarajevo. Il lavoro è stato avviato da François Hers, che conosceva il progetto in corso di Peress sui modelli riemergenti di odio e discriminazione in Europa – Hate Thy Brother – e che, a causa dei suoi contatti in Bosnia, sentiva l’urgenza di avere una documentazione visiva di ciò che stava accadendo nei Balcani. Peress si proponeva di fornire un continuum illustrato di esperienza ed esistenza, e avere solo un breve periodo di tempo non poteva spiegare tutto ciò che stava accadendo in Bosnia; Non le complessità storiche della rottura, né il peso del sangue che ha inzuppato la regione.
In un certo senso, è una ripresa grezza, un “non-montaggio”, e la presentazione diretta delle immagini – interi villaggi in rovina, rifugiati in fuga, fosse comuni scoperte – colpisce lo spettatore con una forza che è allo stesso tempo silenziosamente snervante e forzatamente brutale. Nessuno può lasciare questo libro senza essere commosso da ciò di cui è stato testimone, men che meno Peress stesso.

Come scrive, “Qui inizia la maledizione della storia, una malattia che potrebbe non essere più così personale. Potrebbe essere una malattia molto europea, dopo tutto, con una natura a doppio taglio: sei dannato se ricordi – condannato a rivivere, a rievocare le immagini dei tuoi padri; Sei dannato se non lo fai – condannato a ripetere la loro ipocrisia”.